ITAeventi n 16 Dr. The Face Antonio Distefano
Dr. “The Face”
Concetti psicologici del lifting
Il
volto, delle donne in particolare, è come
un’ opera d’arte che non si dovrebbe modificare mai senza conoscere il progetto, ma un
alleggerimento come fosse la pulizia e il restauro di un’opera d’arte di grande
valore.
di Antonio Distefano www.antoniodistefano.it
Dr. Antonio Distefano
Specialista in Chirurgia Plastica
Ricostruttiva ed Estetica
Il
volto, delle donne in particolare, è come un’ opera d’arte che non si dovrebbe modificare
mai senza conoscere il progetto, l’idea dell’artista.
Non
dissimile è il lavoro del chirurgo plastico al quale parimenti si richiede non
un cambiamento ma una correzione, un alleggerimento come fosse la pulizia e il
restauro di un’opera d’arte di grande valore.
Ogni
volto ha una una struttura che il chirurgo deve osservare e analizzare molte
volte per scegliere la tecnica più appropriata per un risultato consono alla
sua forma e alla età della paziente.
Ogni
viso possiede uno scheletro, una muscolatura dalla quale d’impatto,
istintivamente si riconosce non solo la sua storia ma anche la chiave corretta
per poter intervenire efficacemente col massimo della naturalezza quasi da non indurre
a fare, in chi ci osserva dopo l’intervento, la solita affermazione: “ Ha fatto qualcosa al viso, ha
cambiato faccia”.
In
questo senso mi spaventa la leggerezza e la frettolosità con la quale alcune donne affidano la cura del
proprio volto a coloro che possono sconvolgerne l’equilibrio dei lineamenti.
Così come mi spaventano coloro che non solo pretendono di “cambiare” il proprio volto per essere più
belli o seducenti ma che includono nell’intervento la risoluzione di disagi di
altra origine.
Un
lifting non potrà mai convertire una persona timida ad una estroversa, una depressa
ad una felice.
Il
lifting non determinerà un cambio radicale nella vita emozionale di una
persona.
Permetterà
di amplificarne qualità , stati emotivi , passioni, istinti già presenti attraverso
una maggiore autostima verso se stessi.
Parimenti
non illudiamoci di eliminare le borse di grasso sotto le palpebre o di far
risalire il collo di 5 cm
faticando 3 ore in palestra tutti i
giorni, non mangiando o rinunciando ad
un sano calice di vino al giorno, perché tutto questo non potrà lontanamente
risanare gli inestetismi di un viso che ha perso tonicità e forma.
Cosi
come non bisogna illudersi che un sano lifting porterà indietro il tempo di 20 anni, riconquistando amori perduti, seminando cuori infranti o procurando
avanzamenti di carriera perché questo
parimenti non si verificherà .
Il
lifting è un atto d’amore solo verso se stessi. Una forma di rispetto, di
relativismo dal quale si riparte per raggiungere un assoluto: il proprio Io.
Un
viaggio unico e meraviglioso che mai potrà avere eguali.
L’imbarco
verso un microcosmo dove chirurgo e paziente affronteranno insieme le gioie di
una meta comune: l’approdo verso un macrocosmo nuovo.
Non
il perseguimento di una bellezza perfetta o idealizzata.
La
bellezza non sempre è sinonimo di perfezione perche la stessa è camaleontica ed
evolutiva.
La
bellezza è anche imperfezione, valore che rende unico il volto di ogni persona
,
che
amplificherà e che gli darà un valore aggiunto.
E’erroneo
ritenere che tutte le donne si sottopongano ad un lifting per frivolezza o per
narcisismo. E’ plausibile che lo facciano anche per disagi della propria vita
di relazione o per un istinto ancora vivo che reclama diverse necessità di
conferma che famiglia e lavoro hanno intorpidito. Bisogni di concedersi degli
spazi di “ sano egoismo”.
Cosa
certa e di diversa origine è invece la difficoltà di saper invecchiare
serenamente, indipendentemente da altri fattori.
Presuppone
sacrifici e molta volontà.
Invecchiare
male è tipico di moltissime persone; invecchiare al meglio non è impossibile ed
è la richiesta sempre più crescente ma che non deve essere una missione
obbligatoria e maniacale dal momento che i chirurghi possono fare molto ma non certamente miracoli.
Ciò
che personalmente mi impaurisce non è la tecnicità dell’intervento, la difficoltà
della correzione ma “ l’angolo buio” che può celarsi dietro gli occhi delle
pazienti. Un buon risultato sarà
fallimentare se dietro ad esso si celerà una persona ombrosa , se la luce nei
suoi occhi sarà spenta.
Si
può avere la stessa luce negli occhi a sessanta e settant’anni come a venti
continuando a essere curiosi di ogni nuovo giorno perché a partire da una certa
età il passato e il futuro sono solo desideri che non devono diventare una meta
forzata.
Volti
stanchi e spesso timorosi che, nei colloqui con il chirurgo, non sono
espressione di incertezze o di indecisioni della ferma volontà di invecchiare
bene ma testimonial anche di paure come quella di non riconoscersi dopo l’intervento.
Tengo a precisare che un moderno e corretto lifting vettoriale non può
modificare nessun lineamento e che la paura è probabilmente legata alla
abitudine della propria immagine che l’occhio ha scolpito dentro la nostra
mente dalla quale non ci si vuole distaccare, inducendo nella paziente la falsa
idea di una modifica e non di una correzione.
Assuefarsi
per troppi anni ad un viso appesantito, dove non si riconosce più il confine
fra il contorno mandibolare e il collo, dove le guance si presentano incavate
per il rilassamento dei muscoli mimici che si adagiano e si ripiegano nelle
depressioni ossee dello scheletro facciale, fa perdere aderenza a ciò che allo
specchio la paziente da una parte vede e
riconosce come self ma che dall’ altra parte si scontra o con il desiderio di migliorare correggendone la
pesantezza o con la non accettazione del tempo che passa (disconoscimento del
proprio self ).
Tutte
ferite che offuscano la mente e che ogni chirurgo deve saper cucire lasciando
nessun segno visibile possibile.
Artista
di un involucro saldamente legato ad un contenuto sano che non perderà la sua
compattezza al minimo bradisismo, lontano da quella protezione che io medico
chirurgo non potrò garantire quando, alla fine del viaggio, dovrò lasciare ogni
paziente alla propria vita, alla curiosità di percepire ciò che dentro il
proprio Sé dovrà ricominciare a vivere e a strutturare secondo livelli “altri”
da quelli vissuti nel nostro viaggio.
Livelli
superiori che vigileranno per una vita inter relazionale più alta dove l’insicurezza
per un addome non perfetto o un seno non conico verranno travolti da
sovrastrutture che disintegreranno qualsiasi interferenza di uno specchio meno
impietoso che non proietterà più quotidiani confronti obbligati.
Il
lifting come iter personalizzato che va oltre la pura correzione dell’eccesso
muscolo-cutaneo, di un’ovale perduto o di un collo cadente e ondeggiante per
agire più profondamente intervenendo su una migliore percezione dell’Io
corporeo globale quasi a volersi liberare di una forma non più riconosciuta
come “self “ ma che vuole intercettare una
nuova essenza di sé.
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